Lo squero è il tipico cantiere per imbarcazioni a remi della città di Venezia.
ALLE ORIGINI DELLO SQUERO
In origine, a Venezia il termine squero indicava genericamente il cantiere navale per la costruzione, la manutenzione e il ricovero delle imbarcazioni di ogni dimensione, sia a remi che a vela, spaziando dai piccoli sandoeti fino alle grandi galee da guerra. Con l’accentramento nell’Arsenale dell’attività cantieristica per le navi più grosse, sia militari che mercantili, l’ambito degli squeri si specializzò sulle imbarcazioni più piccole, di uso privato.
La tradizione degli squeri è antica quanto Venezia, essendo questa città indissolubilmente legata all’acqua e quindi alle imbarcazioni per il trasporto di persone ed oggetti. “Barca xe casa” fu detto per secoli a Venezia.
L’etimologia del nome potrebbe essere legata alla parola dialettale squara, ossia la squadra, strumento di lavoro fondamentale per i maestri d’ascia. Secondo altre fonti, il termine potrebbe derivare dalla parola inglese square (“quadrato”) a indicare la forma delle tettoie in legno usate nei cantieri per tenere le imbarcazioni al coperto o ancora, potrebbe derivare dal greco (eschárion), “cantiere”.
Lo squero è caratterizzato da un piano inclinato verso il canale o il rio per la messa a secco e il varo delle barche. Alle spalle del piano, recintato su due lati, è presente una costruzione in legno coperta e aperta verso il piano di varo, detta tesa talvolta associata ad un piano superiore destinato ad abitazione dello squerariol. La tesa costituisce allo stesso tempo la zona di lavoro vera e propria, al riparo dalle intemperie, e il deposito degli attrezzi.
Ai tempi della Repubblica di Venezia gli squeri erano diffusi su tutto il territorio urbano, come testimonia tuttora la toponomastica cittadina con le numerose Calle del Squero presenti un po’ ovunque. C’era però una particolare concentrazione a Castello, nella zona dove ora si trova la Riva dei Sette Martiri (dove i cantieri vennero smantellati proprio per far posto alla nuova via), a Dorsoduro e alla Giudecca, sul lato rivolto verso la parte sud della laguna. Nel corso degli anni molti squeri sono scomparsi e altri sono stati trasformati a causa della notevole diminuzione dell’uso delle barche a remi. In questi ultimi anni l’uso della vetroresina al posto del legno ha ulteriormente aumentato la crisi di questo settore artigianale. L’attività degli squeri ancora presenti nella città è legata principalmente alla gondola e in parte alle altre imbarcazioni a remi e a vela tipiche della laguna di Venezia.
UN LENTO DECLINO FINO QUASI ALLA SCOMPARSA
Attualmente nell’ambito cittadino, insieme ad alcuni cantieri minori, sopravvivono solo sei squeri propriamente detti: tre a Dorsoduro, due alla Giudecca e uno a Castello.
I tre squeri di Dorsoduro sono lo squero Tramontin, agli Ognissanti; il confinante squero Bonaldo, sempre agli Ognissanti ma che ha perso completamente la sua funzione, divenendo rimessaggio barche; lo squero noto come Squero di San Trovaso. Questi squeri producono quasi esclusivamente gondole.
I due squeri della Giudecca sono lo squero Crea, proprietà del regatante Gianfranco Vianello detto Crea, che è anche l’unico a consegnare le gondole complete di tutti gli accessori compresi remi e forcole, e lo squero Costantini-Dei Rossi, molto fedele alla tipologia classica dello squero.
Lo squero di Castello è lo squero San Giuseppe, proprietà della Società di Mutuo Soccorso fra Carpentieri e Calfati.
Oltre agli squeri citati, in città esistono altri cantieri di dimensioni minori, dove l’attività è però limitata alle piccole riparazioni e al ricovero delle barche. La crisi del settore, che sembra non colpire solo gli squeri storici della città, è legata a diversi e complessi fattori quali la carenza e la precarietà degli spazi, l’elevata età dei maestri più titolati, l’elevato costo delle riparazioni e delle lavorazioni in legno, spesso sostituito dalla vetroresina o dal compensato marino (più facili da lavorare e meno costosi), il ridotto numero di maestranze specializzate e la legislazione che ostacola in varie fornite l’attività degli squeraroli. Un segnale di ripresa è rappresentato dal progetto di sviluppo di un polo per la cantieristica minore alla Giudecca, nel quale dovrebbe trovare ampio spazio anche l’attività di formazione rivolta ai giovani che vogliono avvicinarsi a questo difficile mestiere.
LO SQUERO DI SAN TROVASO
Lo Squero di San Trovaso che prende il nome dalla chiesa adiacente appartiene alla Cooperativa Daniele Manin ed è il più famoso, quantomeno come struttura. Nella forma, isolata dal contesto dei canali, ricorda un quadretto alpino, sottolineando come le più antiche e rinomate famiglie di squeraroli siano di origini montane (Cadore e Val Zoldana). I giovani delle valli che seguivano il percorso fluviale dei legni tentavano l’avventura in città come squeraroli, portando con sé la sapienza della trattazione del legno e l’elevata capacità carpentiera. Negli anni ’50 capo cantiere dello squero fu il grande maestro d’ascia Giovanni “Nino” Giupponi. Negli ultimi anni nello squero hanno lavorato Gastone Nardo, discepolo di Tramontin, e il figlio Ettore. L’attività dello squero, come quella degli squeri Tramontin e Bonaldo è limitata alla costruzione e riparazione delle gondole.
L’attività di questo squero è testimoniata fin dal 600 ed è uno splendido esempio di squero che ha conservato intatto tutto il suo fascino originale, con le tese per il ricovero delle barche e il piano in terra battuta degradante verso il canale per il varo a mano delle imbarcazioni, con il solo aiuto di rulli in legno.
La sua particolarità è che le case d’abitazione delle maestranze sono del tutto anomale rispetto al contesto urbano di Venezia. Testimone di un’antica arte in via di estinzione, è possibile visitarlo, vedere all’opera la maestria dei carpentieri e sentire ancora gli antichi odori di legno e canapa.
Fonti: arzana.org/arti-e-mestieri/gli-squeri-veneziani/
it.wikipedia.org/wiki/Squero_veneziano
vogaveneta.altervista.org
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