Questa settimana il mio suggerimento di lettura è solo poesia di Raymond Carver, scrittore e poeta statunitense.
Mi interessa la poesia che parla di grandi questioni, questioni di vita e di morte, sì, e la questione di come stare al mondo
Il tema principale dei suoi scritti è quello della coppia che si muove all’interno di uno spazio domestico che ha sempre, nella narrazione di Carver, una parte attiva e che ci fornisce attraverso la sua descrizione la storia e ci indica, con i suoi oggetti, la successione nel tempo delle vicende. Gli oggetti che popolano l’esterno o l’interno della casa non sono infatti semplici suppellettili quotidiane ma possiedono una particolare potenzialità che serve a completare il disagio interiore dei personaggi, come il frigorifero che improvvisamente si rompe, il televisore che sveglia in modo brusco il protagonista o il telefono che squilla in un momento inopportuno. (Wikipedia)
Devo dire che l’influsso più grande sulla mia vita, e sulla mia scrittura, è venuto, direttamente o indirettamente, dai miei due figli. Sono nati prima che avessi vent’anni, e dal primo all’ultimo giorno che abbiamo vissuto sotto lo stesso tetto, circa diciannove anni in tutto, non c’è stata una singola zona della mia vita nella quale il loro pesante, talora malefico influsso non sia arrivato.
Ultimo frammento
E hai ottenuto quello che volevi
da questa vita, nonostante tutto?
Sì. E cos’è che volevi?
Potermi dire amato, sentirmi amato sulla terra
La finestra
Stanotte è arrivato un temporale e ha fatto saltare
l’elettricità. Quando ho guardato fuori
dalla finestra, gli alberi erano traslucidi.
Curvi e ricoperti di brina. Una calma enorme
s’estendeva sull’intera campagna.
Pur sapendo che non era vero, in quel momento
avevo la sensazione di non aver mai fatto, in vita
mia, una falsa promessa né d’aver mai commesso
neanche un atto impuro. I miei pensieri
erano pieni di virtù. Più tardi, nella mattinata
, naturalmente, hanno riattaccato l’elettricità.
Il sole è uscito da dietro le nuvole
e ha sciolto la brinata.
E tutto è tornato come prima.
Mia moglie
Mia moglie è scomparsa insieme ai suoi vestiti.
Si è lasciata dietro due paia di calze di nylon
e una spazzola per capelli dimenticata dietro il letto.
Vorrei richiamare la vostra attenzione
su queste calze formose e sul robusto
capello scuro impigliato tra le setole della spazzola.
Lascio cadere le calze nel sacco della spazzatura; la spazzola
me la tengo e la userò io. È solo il letto
a sembrare strano e impossibile da spiegare.
Le ragazze
Scordati ogni esperienza che provoca sussulti.
E qualsiasi cosa abbia a che fare con la musica da camera.
Musei in piovosi pomeriggi domenicali, eccetera.
I vecchi maestri. Tutta quella roba.
Scordati le ragazze. Cerca di scordartele.
Le ragazze. E tutta quella roba là.
Dolce far nulla
Un attimo fa ho dato un’occhiata nella stanza
ed ecco quel che ho visto:
la mia sedia al suo posto, accanto alla finestra,
il libro appoggiato faccia in giù sul tavolo.
E sul davanzale, la sigaretta
lasciata accesa nel posacenere.
Lavativo!, mi urlava sempre dietro mio zio,
tanto tempo fa. Aveva proprio ragione.
Anche oggi, come ogni giorno,
ho messo da parte un po’ di tempo
per fare un bel niente.
Una pacchia
Non c’è altra parola. Perché proprio quello è stata. Una pacchia.
Una pacchia, questi ultimi dieci anni.
Vivo, sobrio, ha lavorato, ha amato,
riamato, una brava donna. Undici anni
fa gli avevano detto che aveva solo sei mesi da vivere
se continuava così. E non poteva che
peggiorare. Così cambiò vita,
in qualche modo. Smise di bere! E per il resto?
Dopo, fu tutta una pacchia, ogni minuto,
fino a quando e anche quando gli dissero che,
be’, c’era qualcosa che non andava e qualcosa
che gli cresceva dentro la testa. “Non piangete per me”,
disse ai suoi amici. “Sono un uomo fortunato.
Ho campato dieci anni di più di quanto io o chiunque altro
si aspettasse. Una vera pacchia. Non ve lo scordate”.
Non c’è bisogno
Vedo un posto vuoto a tavola.
Di chi è? Di chi altro? Chi voglio prendere in giro?
La barca attende. Non c’è bisogno di remi
né di vento. La chiave l’ho lasciata
nel solito posto. Tu sai dove.
Ricordati di me e di tutto quello che abbiamo fatto insieme.
Ora stringimi forte. Così. Dammi un bel bacio
sulle labbra. Ecco. Ora
lasciami andare, carissima. Lasciami andare.
Non c’incontreremo più in questa vita,
perciò ora dammi un bacio d’addio. Su, ancora uno.
E un altro. Ecco. Adesso basta.
Adesso, carissima, lasciami andare.
È ora di avviarsi.
Agosto.
In sei mesi
Non ho letto un libro
a parte una cosa intitolata La ritirata da Mosca
di Caulaincourt.
Comunque sono contento.
Vado in macchina con mio fratello,
beviamo una pinta di Old Crow.
Non abbiamo in mente nessuna meta,
andiamo e basta.
Chiudessi gli occhi per un minuto
Ecco, sarei perduto,
ma potrei stendermi e dormire per sempre
sul ciglio della strada.
Mio fratello mi dà di gomito.
Tra un minuto , chissà, accadrà qualcosa.
La cabina telefonica
La donna s’accascia nella cabina,
singhiozzando al telefono.
Chiede un paio di cose
e singhiozza ancora più forte.
Il suo compagno, un anziano
tutto in jeans, sta lì vicino
in attesa che tocchi a lui parlare, e piangere.
Lei gli porge la cornetta.
Per un attimo restano insieme dentro
la minuscola cabina,
mescolando le loro lacrime. Poi
lei va ad appoggiarsi al parafango
della loro berlina. E ascolta
mentre lui prende accordi.
Osservo tutto questo dalla mia macchina.
Neanch’io ho il telefono in casa.
Resto seduto al volante e fumo,
in attesa di prendere anch’io accordi.
Ben presto lui riaggancia.
Esce e si asciuga il volto.
Salgono in macchina e restano
dentro con i finestrini chiusi.
I vetri s’appannano sempre più
mentre lei gli si appoggia
e lui le cinge le spalle con un braccio.
I gesti meccanici di conforto in quell’angusto luogo pubblico.
Vado con le mie monetine
verso la cabina e m’infilo dentro.
Però lascio la porta aperta, perché
si sta così stretti qui.
La cornetta e ancora calda.
Non mi piace per niente usare un telefono
che ha appena portato notizie di morte.
Ma non ho scelta, perché è l’unico telefono
nel raggio di miglia e sa ascoltare
senza schierarsi da nessuna parte.
Inserisco le monete e aspetto.
Anche quei due nell’auto restano in attesa.
Lui accende il motore ma poi lo spegne.
Da che parte andare? Nessuno di noi
è in grado di dirlo. Non sapendo
dove cadrà il prossimo colpo,
ne perché. Gli squilli all’altro capo
cessano quando lei alza la cornetta.
Prima che io possa dire due parole, il telefono
si mette a gridare: “T’ho detto che è tutto finito!
Finito! Puoi anche andare
all’inferno, per quanto mi riguarda!” Abbasso la cornetta e mi
passo una mano sulla faccia.
Chiudo e riapro la porta.
I due nella berlina tirano
giù i finestrini e mi guardano,
le loro lacrime bloccate per un attimo
di fronte a questa distrazione.
Poi ritirano su i finestrini
e restano seduti dietro ai vetri. Per un po’
non andiamo da nessuna parte.
Ma poi andiamo.
Suggerisco, per chi vuol saperne di più sulla vita di questo scrittore, il libro
Raymond Carver, una vita da scrittore di Carol Sklelicka (Nutrimenti ed)
-Con la morte di Raymond Carver, nel 1988, lettori hanno perso la voce unica di un autore all’apice del suo successo. Come scrisse in quell’occasione il Times, Carver era “il Cechov del ceto medio americano”, lo scrittore che aveva dato dignità letteraria a un’America immersa in una routine di matrimoni stanchi, mestieri ordinari e anguste casette dei sobborghi. Ma se la sua influenza su una generazione di letterati, e sul genere stesso del racconto, è stata negli anni ampiamente riconosciuta e ripercorsa, non è altrettanto noto il cammino di affrancamento, emotivo e sociale, che permise a Carver di raggiungere i vertici della propria arte, irradiando su chi gli era intorno, nel bene e nel male, gli effetti di una personalità inquieta e fuori del comune. In questa biografia, risultato di un meticoloso lavoro di ricerca, Carol Sklenicka rievoca la vita di Raymond Carver a partire dai suoi primi anni a Yakima, nello stato di Washington.-
Margherita Ruglioni
“Suggestioni letterarie e non solo… ” Un titolo per il dopocena? Una poesia che ti graffia l’anima? Una lettura leggera, un saggio, un fumetto. Le frasi di un altro, che ti appartengono come fossero state dettate dal tuo pensiero. Leggere è viaggiare, è incontrare, è non essere mai solo. Leggere è vita. Nella rubrica ti darò solo qualche suggerimento… sta a te poi scegliere e scoprire gli intrecci.
Chi sono?
Tosco-Veneta, lavoro nella casa dei libri. Abito in una casa stropicciata, tra carte, parole e colori.
Creativa e spontanea, organizzo eventi culturali in biblioteca a Mestre, sono anche pubblicista e mi occupo di comunicazione. Leggo, scrivo, viaggio, amo. Adoro il buon cibo, il mare, la luce.
Quando posso sorrido. Penso, sì, penso molto!
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