Sapete perchè la Malvasia è strettamente legata alla storia di Venezia? Fu grazie all’opera dei veneziani se, a partire dal XV secolo, la Malvasia divenne il vino più importante d’Europa. Questo veniva importato direttamente dalla città greca di Monemvasia, da cui prese il nome (anche se la grande produzione veniva da Creta), ed ebbe un tale successo che alcune osterie della città lagunare cominciarono a vendere esclusivamente Malvasia, tanto da venir identificate con il termine stesso. Ancor oggi a Venezia calli e ponti ricordano questo vitigno e con il termine “Malvasie” si indicano i locali in cui si servono principalmente vini sfusi.
Cenni storici della Malvasia
Il nome Malvasia deriva sicuramente da un piccolo paese del Peloponneso, Moni Emvasis (“porto con una sola entrata”), dove i veneziani ebbero l’occasione di gustare per la prima volta questo vino “dolce aromatico medicamentoso”. Il toponimo venne storpiato in Malvagia a Venezia e divenne, quindi, Malvasia in italiano. Molto più scarne sono, invece, le notizie relative alle più lontane attestazioni storiche circa la provenienza geografica del vitigno. La prima citazione di un vino dolce chiamato Malvasia è del 1214 in un documento di Efeso e del 1278 in una citazione veneziana riferita all’importazione di vinum de Malvasias.
Per le sue caratteristiche sensoriali molto gradite nel Medioevo e per la sua attitudine ad essere trasportato, può essere omologato a quei vini che la tradizione dei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo orientale chiamavano con nomi diversi, quali capnios, tharrupia, buconiates, ma che si riferivano tutti alle tecniche di produzione, come appunto la concentrazione dei mosti per cottura, l’appassimento sui graticci o l’aggiunta di resina per garantirne la conservazione. Inoltre i vini avevano spesso il nome dei luoghi che erano resi famosi dalla loro qualità, come ad esempio il Byblino dalla città di Byblos, l’attuale Sidone. Anche il mito al quale spesso erano legati ne determinava la notorietà e quindi il valore commerciale, come i vini della Tracia patria di Dioniso.
Il successo dei vini venduti con il nome generico Malvasia, che era usato con poche varianti dagli inglesi (Malmsey), dagli spagnoli (Malvagia), dai tedeschi (Malvasier) e dai francesi (Malvoisie), rappresenta il risultato del più grande progetto di marketing della storia di questa bevanda ed il primo esempio di interpretazione commerciale di un vino come una commodity, resa possibile solo grazie alla grande esperienza e alla potenza marinara della Repubblica di Venezia.
La Malvasia, il vino più famoso d’Europa
La Malvasia tra il 1300 ed il 1600, al culmine della potenza economica di Venezia, diviene il vino più famoso d’Europa; una vera moda al punto da rappresentare il sinonimo dell’eccellenza. L’importanza economica di questo vino (veniva scambiata in Inghilterra una botte per una balla di lana) indusse la Repubblica di Venezia a creare uno scalo apposito chiamato ancora oggi il Fondaco della Malvasia.
Per comprendere appieno il significato che questo vino ha avuto nella storia enologica europea, bisogna entrare nelle vicende economiche e sociali dei secoli XIV e XV del vecchio continente.
La morsa del freddo, denominata “piccola glaciazione”, aveva decimato attraverso carestie e pestilenze la popolazione europea e per le condizioni climatiche molte zone viticole erano state abbandonate e la qualità dei vini notevolmente peggiorata. I nobili e l’alto clero, per la loro frequentazione con le Chiese d’Oriente, conoscevano bene i vini del Mediterraneo orientale e la loro qualità e quindi divennero un mercato privilegiato non solo per la marineria veneziana, con la Malvasia ed i Vinsanti, ma anche per quella genovese, che aveva individuato nella Vernaccia prodotta sulle coste del Mediterraneo settentrionale il vino simbolo dei suoi commerci.
La nascita delle tante malvasie
L’espansione ottomana nel Mediterraneo toglie, però, nel 1669 l’isola di Candia ai veneziani e con lei tutta la produzione di Malvasia. È questo l’evento cruciale che fa nascere le tante Malvasie nel Mediterraneo, da un lato perché Venezia non rinuncia al suo ricco mercato e dall’altro perché la fama del vino aveva stimolato per emulazione la produzione di vini simili per caratteristiche organolettiche, seppur con vitigni diversi, in molte regioni italiane e presso i concorrenti francesi e spagnoli.
Venezia, infatti, commissiona in un certo senso la produzione di vini dolci aromatici ed alcolici simili alla Malvasia a molti produttori soprattutto dei territori che controllava politicamente, quali quelli dell’Istria, delle coste dalmate, delle costa adriatica e dell’entroterra veneto e friulano.
Le testimonianze scritte più antiche della coltivazione delle Malvasie in Italia sono comprese tra il 1500 ed il 1600 e rappresentano il tentativo di insidiare l’egemonia veneziana in alcuni mercati locali di questo vino, oltre che la prova che Venezia aveva già creato una rete di subfornitori di Malvasia a lei vicini prima della perdita di Candia per avere una maggiore disponibilità di questo vino.
In quel periodo si faceva molta confusione anche tra il vino di Malvasia e di Greco, molto simili per caratteristiche organolettiche e per capacità di evocare i luoghi del mito del vino, come testimonia l’identità genetica della Malvasia bianca con il Greco di Bianco o di Gerace, vitigno probabilmente risalente alla esperienza coloniale greca e che aveva mantenuto una sua posizione originale nel mercato dei vini dolci di alcune regioni meridionali italiane rispetto alla posizione dominante di Venezia. Molti vitigni cambiano, così, al nome Malvasia, si aggiunge un aggettivo per indicarne l’origine (di Candia, di Lecce, di Casorzo ecc.) o le caratteristiche qualitative (aromatica, bianca, rosa ecc.) e viene applicata una tecnica di produzione comune quale l’appassimento o in pianta o su graticci a seconda delle condizioni climatiche.
Il successo commerciale dei vini di Malvasia si conclude in parte con il declino della potenza economica di Venezia e la perdita del controllo del commercio del vino nel Mediterraneo nei confronti dei concorrenti inglesi, ma anche perché la “rivoluzione delle bevande” che attraversa i Paesi del Europa settentrionale tra il 1600 ed il 1700 sposta l’interesse del consumatore verso i vini di Sauternes, di Porto, dell’Andalusia e verso il Vermouth.
Di Attilio Scienza e Roberto Miravalle
Da l’Enologo – n°10 Ottobre 2017 – Mensile dell’Associazione Enologi Enotecnici Italiani
FONTE: https://www.hellotaste.it
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