Sono due libri tosti, densi, intensi quelli che vi consiglio questa settimana.
Due romanzi dolorosi, che danno da pensare, urla interiori, urla rimaste impigliate tra i denti. Pensieri da sviscerare, da smontare e rimontare…
Ballando con Cecilia di Pino Roveredo – Bompiani
– Cecilia ha 96 anni; molti di questi, troppi, li ha trascorsi in manicomio, non si sa neppure perché. Cecilia è litigiosa, solitaria, bizzarra. Ma forse ha solo bisogno che qualcuno riconosca che lei “è”, e che non è una cosa. Quando qualcuno va a trovarla per farle compagnia e le offre una cioccolata, lei si scioglie. Gli racconta che faceva la commessa in una pasticceria e guadagnava 70 centesimi alla settimana. Gli racconta di un suo amore, Mario Benevol, trasmettendogli delle vere e proprie “lezioni d’affetto”. I due, Cecilia e il suo visitatore attento, iniziano un ballo reale e metaforico, in cui ciascuno accompagna l’altro in un’altra dimensione: sulle note della loro danza scorrono come in un sogno gli anni non vissuti da tutti coloro che sono come Cecilia. Sulle note di quella danza, ciascuno, per un momento, rivive la vita che gli spettava.-
– Nel padiglione “i”, una vecchia casetta situata dentro il comprensorio dell’ex manicomio di Trieste, da oltre sessant’anni gira la storia senza storia di un gruppo di anziani, una storia che è stata pagata prima con la condanna pesante dell’internamento psichiatrico, e poi, con il riposo silenzioso della residenza.
Un gruppo di anziani che per sessant’anni ha completamente ignorato la storia dei sani che ha girato oltre la costrizione dei portoni e delle mura, qualcuno con l’assenza naturale dell’alienazione, qualcun altro invece, come Cecilia, con la protesta di chi è consapevole di subire un’ingiustizia, e per questo, alza un muro dentro la memoria, riservandosi solo un piccolo spazio dove far girare per sessant’anni i ricordi dei suoi trentasei anni di libertà, mantenendolo lucido e pulito come un presente…
Il mio ingresso al padiglione “i” risale a tre anni fa, grazie alla precaria qualifica di operatore, e grazie ad una mansione non ben definita:
“Vedi tu… Stai con loro e leggi qualche libro, t’inventi gualche fiaba, insomma, qualcosa che assomigli a un lavoro di gruppo. Disegni, parole, figure…“
Di quel primo giorno, oltre al nauseante odore di verza cotta che impregnava l’aria, ricordo l’incredibile sensazione di ‘polvere’ che girava intorno…
Polvere sugli oggetti, sulle persone, i movimenti, e polvere su un tempo che pareva completamente immobile…
Rammento anche il mio primo “Buongiorno! ” che mi tornò indietro senza risposta, e che rischiò, dopo solo cinque minuti, d’interrompere lo scopo della mia venuta.
Poi, invece, arrivò il provvidenziale aggancio della vecchia Amalia, che mi fermò con un… – Mi scusi signore… Signoreee.., Per caso, lei è il figlio del faraone? –Come? Il figlio del faraone? Ma si, certo! ll figlio del faraone, il cugino di Topolino, il fratello di Batman, il parente alla lontana di Paolina Bonaparte… Per quel gancio insperato che mi afferrò e mi trascinò indietro, ero disposto a vendermi per chi volevano. Quel gancio diventò il primo piacevole motivo che mi spinse a scrivere il romanzo Ballando con Cecilia. Per Cecilia, mi venne la voglia di fare lo scrittore ballerino, e con la libertà di una calligrafia, mi abbracciai a lei e la feci ballare su una fantasia… –
A tale proposito Vi invito ad incontrare Pino Roveredo, autore triestino, vincitore del premio Campiello 2005, che sarà in Biblioteca VEZ a Mestre mercoledì 16 aprile 2014 alle ore 18.00
E provoca rabbia, indignazione, sollecitazione, speranza anche il libro Tempo di imparare – Einaudi- di Valeria Parrella, autrice napoletana che ha vinto il premio Campiello nel 2003.
Una madre, la disabilità di un figlio, i mostri reali e quelli generati dalla paura.
– Fare il nodo ai lacci delle scarpe, colorare dentro i contorni, lavare bene i denti (anche quelli in fondo), salire scale sempre nuove senza stringere per forza il corrimano.
E poi: avere lo sguardo lungo, separare l’ansia dal pericolo vero, vincere, perdere, aspettare, agire, confidarsi, farsi valere, rassegnarsi. A dover imparare tutto ciò, in questo romanzo colmo d’energia e dal potere medicamentoso, sono una donna e il suo bambino. Lei ha l’esperienza, mentre lui per capire mira all’essenziale; lei ha occhi pronti a cogliere ogni spigolo, mentre lui da dietro gli occhiali le insegna a leggere il mondo a due dimensioni. Davanti a loro si stagliano tutti gli ostacoli possibili, e per fronteggiarli hanno a disposizione molta paura e altrettante armi.
La paura è quella di non farcela, e le armi a ben guardare sono le stesse della letteratura: nominare le cose, percorrerle, trasfigurarle, lasciarle andare.
Tenendosi per mano – ma chi reggendo chi è difficile dirlo – si muovono tra fisioterapisti e burocrati, insegnanti e compagni di classe, barcollando o danzando, ma sempre stringendo nel pugno una parola difficile che comincia per «H», e che sembra impossibile far germogliare. Perché se hai tatuato addosso il numero 104 – quello della legge sulla disabilità – e vivi in un mondo «che non ha proprio la forma della promessa», mettere un passo dopo l’altro diventa ogni giorno piú difficile.
Ma c’è chi prima di loro e insieme a loro ha solcato lo stesso mare impetuoso, facendosi le stesse domande: «Stiamo tornando indietro o andando avanti? Quando si è in navigazione da tanti anni si perde la rotta».
Tempo di imparare è un libro scritto in prima persona, in cui «io» e «tu» diventano un’unica cosa: «irriducibili l’uno all’altro, eppure intercambiabili». La voce di Valeria Parrella – intima, abissale – dice il momento in cui la relazione tra ogni genitore e ogni figlio si strappa, il binomio si scompone, e ci si guarda da lontano: per intero.-
Ad un bambino sano che chiede al papà di Arturo, il bambino malato, se Arturo è disabile, il papà di Arturo risponde:
“Sì, è disabile, siamo una famiglia di disabili: è come i pellerossa, ne basta uno della tribù che prendono tutti gli stessi segni, io sono disabile, la mamma di Arturo è disabile, i nonni sono disabili, e anche il Botanico, vedi quel signore là che sta fumando fuori dal balcone? È un nostro caro amico, conosce Arturo da quando è nato, così, è disabile anche lui.“
Margherita Ruglioni
“Suggestioni letterarie e non solo… ” Un titolo per il dopocena? Una poesia che ti graffia l’anima? Una lettura leggera, un saggio, un fumetto. Le frasi di un altro, che ti appartengono come fossero state dettate dal tuo pensiero. Leggere è viaggiare, è incontrare, è non essere mai solo. Leggere è vita. Nella rubrica ti darò solo qualche suggerimento… sta a te poi scegliere e scoprire gli intrecci.
Chi sono?
Tosco-Veneta, lavoro nella casa dei libri. Abito in una casa stropicciata, tra carte, parole e colori.
Creativa e spontanea, organizzo eventi culturali in biblioteca a Mestre, sono anche pubblicista e mi occupo di comunicazione. Leggo, scrivo, viaggio, amo. Adoro il buon cibo, il mare, la luce.
Quando posso sorrido. Penso, sì, penso molto!
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