Il 21 Novembre a Venezia si festeggia ” La Festa della Madonna della Salute “.
Anche questa festività, come quella del Redentore, ricorda un’altra terribile pestilenza, quella del biennio 1630-31, e il conseguente voto pronunciato dal Doge per ottenere l’intercessione della Vergine. A tutt’oggi migliaia di cittadini sfilano il 21 novembre davanti all’altare maggiore dell’imponente Chiesa della Salute a perpetuare il secolare vincolo di gratitudine che lega la città alla Vergine Maria
LA STORIA:
Venezia prima del 1630
Nei primi decenni del XVII secolo Venezia stava vivendo un momento difficile sotto tutti i punti di vista: economico (spietata concorrenza dei mercanti francesi, inglesi e fiamminghi), politico (alleanza con la Francia, le forte tensioni con la Spagna e ancor più con il Papato, tensioni sfociate nell’Interdetto) e militare (la guerra contro i pirati Uscocchi per l’egemonia sull’Adriatico e il conflitto per la successione di Mantova).
Si sta profilando un diverso ruolo di Venezia nell’equilibrio politico europeo, certamente più defilato rispetto i secoli precedenti. È in questo contesto che, 54 anni dopo la terribile pestilenza del 1575-77, il morbo si abbatte nuovamente sulla città, mietendo ancora decine di migliaia di vittime.
La peste
La guerra di Mantova porta a Venezia, oltre ad una sconfitta militare, anche la peste. La città si paralizza: i traffici languono, i nobili si rifugiano nelle loro ville di campagna, la popolazione è ridotta a vagare per la città chiedendo l’elemosina. Ma il governo ancora una volta agisce con decisione e fermezza: coordina disinfezioni della città, sequestra interi quartieri, attiva i lazzaretti, fa seppellire i cadaveri infetti con la calce. Queste misure igienico-sanitarie però non impediscono l’imperversare della pestilenza.
I lazzaretti
Venezia fu la prima nazione ad istituire, nel 1423, un apposito edificio ove ricoverare le persone affette da malattie contagiose. Fu scelta un’isola, S. Maria di Nazareth, come luogo ideale per preservare dal contagio e per garantire l’isolamento. Il lazzaretto era uno spazio per la prevenzione e per la cura, dove i malati venivano assistiti e curati e dove c’era molta attenzione nel separare i malati, dai convalescenti e dai “sospetti”. La nascita dei lazzaretti è la testimonianza dell’estrema attenzione rivolta dalla Repubblica all’organizzazione sanitaria.
Impotenza e superstizione
L’atmosfera a Venezia era di scoramento e di sfiducia, e in questo clima ben si spiegano i sospetti di contagio provocato ad arte, tramite gli “untori”. Alcuni francesi furono sospettati di diffondere la malattia, ma questo era un sintomo di disagio psicologico che dava pienamente l’idea della prostrazione dei veneziani, che avevano a che fare con la peste a distanza di pochi anni da quella di fine ‘500. Contemporaneamente, a Milano, flagellata anch’essa dalla pestilenza descritta dal Manzoni nei Promessi sposi, ci furono altri processi agli untori. Nei momenti di crisi c’è sempre spazio per la superstizione e il fanatismo.
Il voto
Nonostante le disposizioni sanitarie la peste sembrava non cessare e il Senato ricorse nuovamente all’aiuto divino. Il 22 ottobre 1630 il doge Nicolò Contarini pronunciò il voto pubblico di erigere una chiesa intitolata alla Salute, chiedendo l’intercessione della Vergine Maria per porre fine alla pestilenza. La prima pietra fu posata con la peste ancora in piena attività e fu consacrata nel 1687.
La fine della pestilenza
Nel novembre del 1631 la peste fu definitivamente debellata, ma il bilancio fu terribile: quasi 47.000 morti in città (più di un quarto della popolazione) e 95.000 nel cosiddetto Dogado, che comprendeva anche Murano, Malamocco e Chioggia.
La cucina
La castradina, pietanza molto saporita a base di carne di montone, è il piatto tipico che si usa consumare a Venezia il giorno della Salute.
Immagini dell’evento: https://www.facebook.com/maria.botter.7/media_set?set=a.2491824469268.124547.1662457273&type=3
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