Giuseppe Tassini era un ciccione gaudente. Amava le donne e la buona cucina. Non si sposò mai perchè non aveva tempo e morì per l’amore del troppo mangiare e del troppo bere.
Dei bacari veneziani conosceva ogni segreto. Il baccalà migliore era al venerdì all’osteria Alboretti all’Accademia, le sardele in saor all’Aquila Nera di mercoledì. I giorni della settimana scandivano i migliori menù. Non si definì mai uno storico, ma “pelandron” curioso che perdeva il suo tempo negli archivi e nell’amore per la scrittura. Mori in attesa del cameriere incaricato a portargli la colazione l’antivigilia di Natale del 1899. Aveva 72 anni. Alla storia è passato come l’autore di un fortunatissimo best seller del 1863, arrivato a un numero imprecisato di edizioni: “Curiosità veneziane, origine delle denominazioni stradali di Venezia”. Lui stesso si definiva un po’ strambo, essendo figlio di un “turco” nato a Istanbul ma ufficiale della marina austriaca e una mamma prussiana. Suo nonno, friulano di Tarcento, fu l’ultimo ambasciatore serenissimo della Sublime Porta ottomana. Oggi è tornato di moda per la rivisitazione dei “nizioleti” ovvero lenzuolini, ovvero indicatori stradali veneziani. Solo una città così strana poteva aveva un rettangolo di calcina bordato di nero che a caratteri bodoniani indica una località. Non c’è campo, campiello, calle, rio terá, corte, sottoportico, fondamenta, salizzada che non racconti con il toponimo la storia del luogo. Facciamo uno scherzo ad un turista giapponese e lo mandiamo in calle della Fava, poi al ponte delle Tette passando però per la fondamenta di Donna Onesta, senza trascurare il Casin dei nobili con meta finale: calle Amor degli Amici!. Sembra un labirinto di Sodoma e Gomorra, in realtà è Venezia. Bene ha fatto su facebook Alberto Alberti, in compagnia dello scrittore noir Alberto Toso Fei ad avviare la fortunata pagina “Passato e presente dei Nizioleti”. Mentre l’assessora alla Toponomastica, Tiziana Agostini ha proposto il “Nuovo stradario del centro storico veneziano” con lapis rosso e blu per sottolineare il 20% di presunti errori ortografici. Io ne sono certo, Giuseppe Tassini sta ridendo nella tomba. Parochia o parrocchia, calle dei Albanesi o degli Albanesi, corte del l’Angelo o de l’Anzolo? Sottoportego de la Madonna o Madona? Rio Terà dei Assassini per fortuna resta talis et qualis. Lui stesso aveva preso dai “cattastici” del 1786 e 1802. Ma che belle storie sono nascoste tra i nizioleti. Da bambino quando mi raccontavano che la riva di Biasio, altro non era che il posto dove l’oste Biagio Furlan o Cargniel faceva le zuppe di carne con i bambini uccisi. Un avventore si trovò nel piatto una falange con tanto di unghia, piccola. Biagio venne prima torturato e poi ucciso. Io, ancora oggi, passo per la riva e penso al maniaco. D.H Lawrence l’autore di Lady Chatterly quando parla di Venezia ammette che solo questa città poteva con la sue 8 mila prostitute censite, avere un ponte e una fondamenta dedicata alla donna onesta. Onore al merito. Se passate per di lá nei pressi di Ca’ Foscari, noterete sulla parete anche l’effige della donna dabbene in marmo d’istria. Tassini fa una divertente annotazione sulla calle Amor degli Amici, sestiere di San Polo: “Nome che, se non ci rimane indizio di qualche rimoto socievole convegno, può richiamarci forse, non senza nostro rossore (sic!) all’etá dell’oro dell’ amicizia”. Oggi si chiamerebbe calle dei Gay Party….assessora Agostini vogliamo aggiornare il nuovo stradario?
di Maurizio Crovato
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