Tre è il numero perfetto. La pensava così anche il capitano Jacopo Orseolo Falier di ritorno dall’Oriente. Vittoriosi o perdenti in guerra, a casa bisognava portare qualcosa. La seconda crociata (1145-49) era stata fallimentare per l’esercito di francesi e di tedeschi, i veneziani avevano dato il loro robusto contributo come traghettatori e noleggiatori di navi. In terra santa non si va a piedi. Il giovane capitano porta a Venezia un regalo importante: tre colonne in granito orientale grigio-rosa, alte 15 metri e dal peso di 50 tonnellate l’una. Avrebbero segnato l’orizzonte dalla piazzetta di San Marco allora ancora un “brolo”, ovvero un prato d’erba con due pozzi d’acqua dolce. Su una colonna la statua di S.Teodoro (Todaro), monaco e soldato bizantino, precedente patrono di Venezia, mentre schiaccia un drago (ma assomiglia a un coccodrillone), sulla seconda una chimera, alla quale forse vengono aggiunge le ali per farla assomigliare al leone marciano, sulla terza un dignitario bizantino, forse un fante. Il suo strano cappello è somigliante al corno ducale. In tre colonne la sintesi dei poteri religioso, politico, militare. All’epoca la piccola Repubblica di Venezia comincia a diventare una potenza europea. A pochi anni di distanza (1177) la cosiddetta “pace di Venezia” (relatio de pace veneta) vedeva la città lagunare luogo di incontro diplomatico tra l’imperatore Barbarossa e il papa Alessandro IV. Si direbbe oggi: un successo internazionale. Ma torniamo indietro con gli anni. Quando arrivano in Bacino di San Marco, tra la curiosità del popolo, le tre colonne hanno il problema dello scarico a riva. Dal vicino Arsenale, di recente costruzione, arrivano argani e corde. Ma una manovra maldestra fa cadere in acqua la terza colonna. Una leggenda? Esistono solo cronache successive, ma il passaggio tra fantasia e realtà verrà presto risolto dalla scienza. Le due colonne restanti rimangono per decenni adagiate al prato della Piazzetta. Nessuno riesce a issarle in verticale. Fatto sta che solo il ricchissimo Doge Sebastiano Ziani e siamo nel 1172 risolve il problema. È lo stesso che farà interrare il canale Batario e allungare Piazza San Marco alle misure attuali. Affida all’ingegnere bergamasco Nicolò Stratonio detto Baratteri, lo stesso costruttore del ponte levatoio in legno a Rialto, di sistemare la pratica. Con la tecnica di grosse cime bagnate e asciugate si riesce a sollevare di pochi centimetri le due colonne da permettere l’inserimento di cunei in legno. Il problema è risolto. Baratteri diventerà ricco. Il doge concede a lui infatti il gioco d’azzardo solo tra le due colonne. Lo stesso posto dedicato alle sentenze capitali. Passano 844 anni e un capitano “da mar” come Jacopo Orseolo Falier propone di risolvere il mistero della terza colonna. Si chiama Roberto Padoan, ha 57 anni, veneziano, e una società di lavori subacquei che lo ha portato in giro per il mondo. Padoan si diverte a fare l’inventore. Ha scoperto un sistema non invasivo per sistemare le fondamenta della sua città. È convinto che con gli attuali sistemi sofisticati di telerilevamento si possa tranquillamente individuare la terza colonna scomparsa. È sufficiente una accurata tomografia nell’area della Piazzetta per capire se tra l’argilla e il caranto giace una massa marmorea così importante. La tomografia, grazie ad impulsi elettrici, riporta con diverse tonalità di colori il peso specifico del sottofondo. Un lavoro minuzioso che richiederà una spesa di oltre 250 mila euro. La ditta Morgan di Marghera dei geologi Marco Giada e Barbara Chiozzotto è pronta a partire per i primi rilevamenti. Padoan ha già ottenuto i fondamentali permessi della Soprintendenza ai beni archeologici di Venezia. La ricerca si può fare purché non invasiva e in accordo con il comune di Venezia, l’autorità portuale e la capitaneria di porto. Per non intralciare il turismo, si lavorerà di notte. Nel team operativo figurano due archeologi di fama: Luigi Fozzati e Marco Bortoletto. Una volta individuata la terza colonna, dopo 844 anni, si ripeterà il problema del doge Ziani. Dove metterla? Il dibattito è aperto. Il quotidiano Repubblica ha già dedicato una pagina sull’argomento e anche il britannico Daily Telegraph si chiede: può essere aggiunta alle altre due? Un cosa è certa, lo decideranno i veneziani.
di Maurizio Crovato
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