Il momento, come si dice, è storico. Soprattutto in un paese che dall’avvento repubblicano, parla da sempre di riforme strutturali, senza averne mai realizzate a sufficienza.
La notizia nazionale è che sotto la non gradevole sigla PNRR (piano nazionale di ripresa e resilienza) pioveranno nella nostra penisola fatta di tanti vecchiotti e pochi neonati, qualcosa come 222 miliardi (191,5 recovery plan, 30 fondo complementare). Il più grande investimento di sempre. Per fare un confronto: il Piano Marshall (1947-51) consegnò all’Europa 12,7 miliardi di dollari. L’Italia, terza beneficiaria, dopo Gran Bretagna e Francia, ne ricevette 1,2 miliardi.
La notizia locale, subito rimbalzata sui quotidiani veneziani, è che solo per la Biennale, definita polo culturale internazionale, 170 milioni cash da spendere tra Arsenale, Forte Marghera, Giardini di Castello, Lido. Troppa grazia S.Antonio! Dice l’antico detto. Importante è non cadere dall’asino, farsi del male, e poi chiedere l’Intercessione dei santi. Ma il presidente della Biennale Roberto Cicutto, pragmatico con grande esperienza romana, sembra già aver le idee chiare. Le occasioni o si colgono al volo, oppure si è falliti per sempre.
La città scesa sotto i 51 mila abitanti (isole escluse), come ci ricorda l’epigrafe numerica della farmacia in centro a S.Bortolomio, è al punto del non ritorno. Dunque riflettiamo. Altri benefici dovrebbero arrivare per le bonifiche e per Porto Marghera, un polo industriale sempre più green.
La pandemia 2019-2021 é ormai storia. Ma i richiami antichi con Venezia fanno impressione. La Serenissima fu la prima istituzione a creare un cordone sanitario e fisico per la peste (anche quella volta, guarda caso, trasmessa dagli animali e giunta da Oriente). Se oggi i termini quarantena, lazzaretto, contumaci sono internazionali, é perché sono nati a Venezia. Il Lazzaretto Vecchio, creato durante la peste del 1423, è il primo esempio di ospedale civile antipandemico al mondo. C’era un sistema di separazione igienica di merci e uomini che oggi fa ben riflettere i più importanti virologi. Maschere con il naso lungo, suffumigi di erbe e distanziamento sociale, erano ritenuti molto più importanti delle processioni e delle messe. Durante la prima peste veneziana del 1348, dove la città contava già oltre centomila abitanti, i morti furono un terzo della popolazione. Per le sepolture con calce spenta vennero scelte due isole, oggi scomparse, San Leonardo di Fossamala e S.Marco di Boccalama, vicino a Fusina. All’epoca, secondo le cronache si estinsero oltre 50 famiglie patrizie. Come reagì la Serenissima? Agevolando l’immigrazione, concedendo l’agognata cittadinanza veneziana a tutti, aumentando le feste, diminuendo le tasse. La Fenice mitologica risorge sempre. Nelle terribile peste del 1577, quella che ci ha dato la chiesa palladiana del Redentore, i morti furono circa 50 mila su 180 mila abitanti. Quella del 1630 non fu da meno, anche se il sistema della quarantena era altamente organizzato. Fu per colpa di un nobile mantovano che invece di essere isolato al Lazzaretto, venne mandato all’isola di San Clemente, dove contagiò un povero falegname. E da lì la pandemia, oggi ricordata dalla chiesa della Salute, colpì tutti, ricchi e poveri. Verso la fine del ‘700 si pensò di creare un terzo lazzaretto, il Novissimo, a Poveglia, con la creazione della prima stazione sanitaria marittima. Venezia, dunque ha dato parecchio nella storia, anche architettonica, con il male. E oggi? La città inesorabilmente vuota di turisti, piazza S.Marco desertica, moto ondoso sparito, grandi navi pure, oltre duecento esercizi commerciali chiusi. Con le vetrine che pullulano di scritte: cedesi attività, negozio in affitto, immobile in vendita. Ma ripartiamo dalla Fenice, e non solo in senso figurato. Proprio in questi giorni è riaperto il Gran teatro, per il pubblico dei millennials. C’era una coda enorme, per il concerto e per la visita. Si sorge sempre dalle ceneri. Il PNRR di Mario Draghi ha sei mission: digitalizzazione-innovazione-cultura, ecologia, infrastrutture, istruzione-ricerca, inclusione sociale, sanità. In Europa vogliono rendiconti immediati e non i soliti bla-bla. E tutti questi sei temi investiranno il centro storico e non solo. Lo slogan: Venezia la più antica città del futuro, partito dai docenti di Ca’Foscari, propone la città come la capitale mondiale della sostenibilità. La digitalizzazione abolisce le distanze e una città lenta, a passo d’uomo e senza auto, ridiventa moderna. L’ambiente poi. Abbiamo speso la più grande cifra al mondo (6-7 miliardi) per separare il mare dalla laguna ed eliminare le alluvioni. Venezia è stata la prima città ad attrezzarsi contro l’innalzamento certo degli oceani. Scandali a parte, di esperienza in materia ne abbiamo acquisita. Infrastrutture: da anni si parla di realizzare l’alta velocità e l’interconnessione con il terzo aeroporto italiano, ovvero il Marco Polo. Il quadrante Tessera è un argomento ancora in discussione. Per l’Istruzione e la ricerca, Ca’Foscari e Iuav, sono già un passo avanti rispetto ad altri atenei italiani. Gli studenti (circa 30 mila) oltre ad essere una ricchezza in sé, abbassano l’età media dei residenti. E rendono una comunità più vivace. Quinta missione: l’inclusione sociale. Riuscire a portare a Venezia nuovi residenti con un sistema di forti agevolazioni per le famiglie, sarebbe fondamentale per una politica che guarda la futuro. Ultimo: la sanità. Abbiamo già commesso l’errore di creare il nuovo ospedale All’Angelo di Mestre, già troppo piccolo fin dalla nascita. Il povero ospedale civile di S.S. Giovanni e Paolo, oggi sempre più trascurato, ridiventa una opportunità. Mescola salute a cultura.
In Europa ci guardano con lenti sempre più spesse, a Venezia poi, non serve il binocolo per essere osservati. Agli inizi dell’800 gli austriaci per la città in depressione , si inventarono, il Porto Franco. Qualche idea forte per l’oggi, proprio no? Come diceva il mitico Robert Baden-Powell fondatore degli scout: cercate di lasciare questo mondo un po’ migliore di quanto non l’avete trovato. Vale anche per Venezia. Una vecchietta di 1600 anni, patrimonio dell’umanità.
Il nostro Direttore Maurizio Crovato
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