Quando il Doge era la suprema magistratura della Serenissima Repubblica di Venezia, istituita dal 697 e durata fino alla caduta della Repubblica, il 12 maggio 1797, nessuno si stupiva del suo copricapo anzi più che un copricapo era uno dei simboli più rappresentativi della figura dell’ istituzione del Doge e per questo veniva chiamato Corno Dogale.
Una sorta di corona reale di origine bizantina che una volta impreziosito con gemme, perle ed oro, diventava “Zogia” .
Ovvero il corrispondente veneziano di gioia, proprio per indicarne la preziosità che diventava ancora più regale se si pensa che per confezionarlo venivano arruolate le pie monache di San Zaccaria e offerto al Doge nella sua visita Pasquale alla chiesa. Giorno grandemente atteso per vedere la sfilata patrizia del Doge e del seguito di nobili e maggiorenti ma anche per festeggiare finalmente il giorno dedicato alla resurrezione del cristo e quindi dello spirito ma anche della carne, dopo i magri giorni della quaresima. Così a Venezia scoppiava un trionfo di sapori che alla fine culminavano con la porzonatura della fugassa. Dolce pasquale inventato ben prima di quel che racconta la storia moderna sulla colomba “fabbricata” dalla Motta, negli anni trenta, grazie all’ingegno di Dino Villani. Uomo marketing del secolo scorso che sicuramente doveva conoscere la carica magnetica della tradizione veneziana e veneta di addentare un soffice dolce a conclusione dei banchetti del giorno di Pasqua ma anche di Pasquetta.
A questo punto, per il vostro spirito e la sete di cultura vi suggeriamo una visita al Museo Correr dove risulterebbe esserci ancoro un esemplare di Corno Dogale indossato dal Doge nel giorno di Pasqua mentre per la cura del vostro corpo, più in particolare del piacere del palato eccovi la ricetta pressochè originale della Fugassa Pasquale:
INGREDIENTI PER 4 PERSONE
500 g di farina 00 – 150 g di burro – 200 g di zucchero – 6 uova – 25 g di lievito di birra – la scorza di 1 arancia – 1 pezzetto di cannella – 2 chiodi di garofano – 1 bustina di vaniglia – 1 bicchierino di vino marsalato o marsala -Acqua -1 pizzico di sale
Per la decorazione: 30 g di mandorle e 3 cucchiai di granella di zucchero
PREPARAZIONE
Si mette a macerare per un giorno la scorza d’arancia tagliata a pezzetti nel marsala, assieme ai pezzetti di cannella e ai chiodi di garofano. Poi si impastano i 150 g di farina con il lievito sciolto in mezzo bicchiere di acqua tiepida, fino ad ottenere un impasto morbido. Si lascia lievitare in un luogo tiepido coperto da un tovagliolo, fino a che non raggiunge il doppio del suo volume.
Su una spianatoia si impasta metà della farina rimasta con metà zucchero e metà burro, 3 uova e un pizzico di sale e si unisce , se necessario, un po’ d’acqua tiepida per un impasto ancora più morbido, Si umisce la pasta precedentemente lievitata e si lavoro il tutto molto a lungo per ottenere un composto consistente. Si mette l’impasto in una terrina coprendolo con un tovagliolo e si lascia lievitare per altre due ore. Passato il tempo per la lievitazione si ripete il medesimo procedimento incorporando mano a mano gli ingredienti rimasti.
Alla fineva unita l’infusione di spezie filtrata e si impasta il tutto fino a quando la pasta non si attacca più alle dita. Fatto questo si lascia riposare il tutto ancora per due o tre ore in modo da far lievitare ulteriormente l’impsto. Si dispone la pasta su una teglia rotonda, con i bordi alti, rivestita da carta da forno, si cosparge con le mandorle, precedentemente pelate e tagliate a metà nel senso della lunghezza, la granella di zucchero e un po’ di zucchero a velo.
Si mette in forno caldo, 180 ° C, per circa 30 minuti e una volta trascorsa quest’ultima mezz’ora si togle dal forno e si lascia raffreddare.
Va detto che un tempo era abitudine inzupparla nel vino dolce e non volendo spingersi tropo lontanoda Venezia il suggerimento va a un Moscato Giallo Fior d’arancio che oltre che nella versione pasita si po’ trovare anche secco o con le bolicine : ideale per brindare alla Pasqua.
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